Gianguir, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO QUARTO
 
 Rotonda con galleria d’idoli indiani nel palazzo di Mahobet, illuminata di notte, con porta nel mezzo ed altra all’uno de’ lati.
 
 SCENA PRIMA
 
 JASINGO e SEMIRA
 
 JASINGO
835Di Sorate e Cambaia
 saran le fide schiere innanzi il giorno
 nel campo di Cosrovio.
 SEMIRA
 Piacemi. Che dic’egli?
 JASINGO
                                           Ira e dolore
 dividono quel core.
 SEMIRA
840Sdegnata ancor mi crede?
 JASINGO
                                                  Ed incostante.
 SEMIRA
 La gelosia prova è di core amante.
 Tu qui resta ad espor del prence i voti.
 JASINGO
 Mi celi i tuoi disegni?
 SEMIRA
 Prosperi fien, finché saranno ignoti.
 
845   Non mi tradir, mio cor.
 Taci; e se far lo puoi,
 fa’ che né meno amor
 intenda il tuo pensier.
 
    Chi vuol che chiuso arcano
850non giunga altri a scoprir
 sia il primo a custodir
 le leggi del tacer.
 
 SCENA II
 
 JASINGO, poi GIANGUIR e MAHOBET con guardie. Escono due servi di Mahobet, i quali nel mezzo della stanza stendono ricco tappeto con due origlieri, ove si dovrà sedere Gianguir
 
 JASINGO
 Partì a tempo. Il re viene. (Si ritira in disparte)
 MAHOBET
 Signor...
 GIANGUIR
                   Pria che altro ascolti,
855di’, re qui sono? O prigionier?
 MAHOBET
                                                          Quel sacro
 dover...
 GIANGUIR
                 L’hai profanato. Io non tel chieggo.
 Chieggo la sorte mia. Son tuoi soldati
 costoro? O son miei servi?
 MAHOBET
 Per me, per loro ogni tuo cenno è legge.
 GIANGUIR
860A me qui Asaf e la sultana. Or parla. (Due guardie, fatto profondo inchino a Gianguir, se ne vanno; ed egli si mette a sedere)
 MAHOBET
 Quante volte in tua gloria e in tua difesa
 sparso abbia il sangue e quante guerre estinte,
 tu il sai; lo sa il Mogol, l’Asia, la terra;
 né più il tempo ha ragion sui miei trionfi.
 GIANGUIR
865Ma la perfidia tua d’onta or li copre.
 MAHOBET
 Chiami perfidia un atto
 d’aspra necessità? Non in tua offesa
 strinsi l’acciar. Non di tua reggia il sacro
 asilo violai, per darti in mano
870ad un figlio ribello.
 GIANGUIR
                                      Ah, questo figlio
 tremeria ne’ miei ceppi. Egli or m’insulta.
 MAHOBET
 Nol condanniam, pria di saperne i sensi.
 Si vuol guerra, Jasingo? O si vuol pace?
 JASINGO
 A grado del sultan. Ma son di questa
875sì iniqui i patti...
 GIANGUIR
                                  E quali?
 JASINGO
 Oltre all’Indo e al tuo Gange
 tornino al natio cielo Asaf e Zama;
 e sul trono, ch’è suo, ti soffre a parte.
 Giurinsi i patti; e deporrà...
 GIANGUIR
                                                     Altre leggi (Verso Mahobet)
880darmi potria, se inerme fossi o vinto?
 MAHOBET
 Nulla, o re, ti sgomenti. Io fido e forte...
 
 SCENA III
 
 ZAMA e ASAF, col seguito de’ rajas indiani, e i suddetti. GIANGUIR al loro arrivo levasi e va loro incontro
 
 GIANGUIR
 Duci, amico, consorte,
 or torno ad esser re...
 ZAMA
                                         Teco io respiro.
 ASAF
 Ma non è questo il tuo real soggiorno.
 MAHOBET
885È il mio, dove da insulto
 custodirlo saprei, più che non fece
 nella reggia il tuo zelo.
 ZAMA
 Cieca discordia non accresca i mali.
 Già alle mura si appressa
890Cosrovio; ed Agra è in rischio.
 GIANGUIR
 Rischio ch’è sol tua colpa. (A Mahobet)
 MAHOBET
 E mio ne fia il riparo. Amai nel prence
 un tuo suddito e figlio. In lui rubello,
 odio un nimico. A’ danni suoi quel braccio
895armerò che il sostenne; e andrò tuo duce...
 GIANGUIR
 Lo scettro a me del militar comando. (Mahobet inchinandosi parte, seguito da’ due soldati. Gianguir ritorna a sedere)
 ASAF
 A quella man, che in te rivolse il ferro,
 sciolto il reo figlio, il fideresti ancora?
 ZAMA
 Altra più valorosa ove trovarne?
 ASAF
900Valor che giova, ove perfidia il regge?
 ZAMA
 Può nuova fede esser felice emenda.
 ASAF
 E nuova colpa irreparabil danno. (Torna Mahobet, seguito da’ due soldati, l’uno de’ quali tiene in un bacin d’oro il baston militare e l’altro lo stendardo generalizio)
 MAHOBET
 Di cento e cento lauri adorne e chiare,
 ecco, o signore, le onorate insegne.
 GIANGUIR
905Mahobet, da quel giorno
 che dell’indiche schiere
 primo duce ti elessi, assai tu oprasti;
 e mia beneficenza assai ti rese.
 Ma poiché esser ti piacque,
910più che suddito al padre, amico al figlio,
 vanne, perfido, a lui. Saprà non lenta
 trovarti al fianco suo la mia giust’ira.
 Va’. Un nimico di più non mi spaventa.
 MAHOBET
 Dar leggi è tuo, mio l’ubbidir. Mi è lieve
915perder grado e favor senza mia colpa.
 Bastami la mia gloria. Ira né torto
 non m’indurrà vilmente ad opra indegna;
 e serberommi nell’avversa sorte,
 qual già fui nell’amica, eccelso e forte.
 
920   Non mi duol de’ torti miei;
 né fo voti agli alti dei
 che mi vendichin col pianto
 della patria e del mio re.
 
    Duolmi sol lasciarti a canto
925chi sol vanta audacia e orgoglio,
 in sostegno del tuo soglio
 e in trofeo della sua fé.
 
 SCENA IV
 
 ZAMA, GIANGUIR, ASAF e JASINGO
 
 ZAMA
 Piaccia agli dii che tu non abbia ancora
 a pentirti, o signor...
 GIANGUIR
                                        Che? Ad un sol braccio
930sta obbligata fortuna? O a me per tante
 prove e al Mogol già illustre, Asaf invitto,
 prendi. Tuo sia dell’armi il primo impero. (Porge il bastone ad Asaf che ginocchione il riceve)
 Plauda il campo alla scelta. Io sarò teco.
 ASAF
 Gli auspizi accetto ed a’ tuoi piedi avvinto
935trarrotti il figlio.
 JASINGO
                                 (Or sì, Cosrovio, hai vinto).
 ZAMA
 Incerti sempre son dell’armi i casi.
 Tentisi tutto, anzi che il ferro.
 GIANGUIR
                                                        Oh sempre
 saggia moglie e fedel! Jasingo al figlio
 ritorni e mi preceda. Io mi lusingo
940ancor del suo rimorso.
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e i suddetti
 
 SEMIRA
                                           Ei guerre e stragi
 volge in sua mente. Disarmar quell’ire
 mal senza me potresti. Alinda il puote;
 e se il zel non ne sdegni, Alinda il vuole.
 ZAMA
 Qual è costei?
 ASAF, ZAMA A DUE
                             Che mai far pensa?
 GIANGUIR
                                                                   (Ignoto
945m’è il nome e il volto). Assai prometti, o donna.
 SEMIRA
 E più farò, che se non fuggi udirmi,
 saprai che nel tuo campo
 sta fellonia.
 JASINGO
                        Che ascolto!
 SEMIRA
 Le squadre di due regni in breve andranno
950in rinforzo a’ ribelli.
 JASINGO
                                        (Ah, siam traditi!)
 GIANGUIR
 Cieli! E a te chi affidò trame sì inique?
 SEMIRA
 Tuo figlio, in vano amor folle e perduto.
 ZAMA
 Ti amerebbe egli forse?
 SEMIRA
                                              E del rifiuto
 di tua figlia real son io, sultana,
955l’innocente cagion.
 ZAMA
                                     L’ami tu ancora?
 SEMIRA
 Io! Lo sa Asaf e il dica. Ho troppa gloria
 che sia noto il mio cor.
 ASAF
                                            (Quanto è fedele!)
 GIANGUIR
 Gran cose in pochi accenti e più ne attendo.
 Seguimi. Al tuo re solo
960svelerai men guardinga...
 SEMIRA
 Sì, del prence le trame, i mezzi, i fini.
 Va’ a confonderlo poi. Ma s’ei persiste,
 a un lampo del mio ciglio
 vedrai l’armi cader di mano al figlio. (Gianguir e Semira entrano nel gabinetto)
 JASINGO
965(Chi mai creduto avria quel cor sì infido!) (Si parte)
 
 SCENA VI
 
 ZAMA e ASAF
 
 ZAMA
 Mal le altrui mi tacesti e le tue fiamme
 con la straniera Alinda e mal ti festi
 al tuo prence rival.
 ASAF
                                     Presi ad amarla,
 non per genio da pria, che in me ne fosse,
970ma per torla a Cosrovio,
 in favor di tua figlia.
 ZAMA
                                        Arte infelice
 con l’offese obbligar! Ma tu, che or forse
 godi in tuo cor d’esser felice amante,
 te ne avvedrai. Femmina è rara in terra,
975che potendo occupar grandezza e soglio,
 porga orecchio ad amor, più che ad orgoglio.
 
    Regia man, che dona un regno,
 non ritorna, a chi la stende,
 col rossor d’esser negletta.
 
980   La beltà, che pria ne ha sdegno,
 pensa alquanto e si difende;
 ma poi cede e il dono accetta.
 
 SCENA VII
 
 ASAF
 
 ASAF
 Se conoscesse Alinda,
 non direbbe così. Fasto, odio, amore,
985tutto è felice in me. Giubila, o core.
 
    Tanto e con sì gran piena
 non vi affrettate, o gioie,
 a rendermi contento.
 
    Voi mi opprimete; e parmi
990un genere di pena
 il troppo godimento.
 
 Vasta campagna. Da un lato veduta della città, con porta in facciata e gran ponte. Dall’altro, parte del campo di Cosrovio. Monte in lontano ingombrato da tende.
 
 SCENA VIII
 
 COSROVIO, JASINGO, capitani e soldati
 
 COSROVIO
 Pena il mio amor. Più non tacermi Alinda.
 JASINGO
 Alinda sta in poter de’ tuoi nimici;
 e se tardi, avrà in loro i suoi tiranni.
 COSROVIO
995Come!
 JASINGO
                Al sultan già è noto
 esser lei la cagion del tuo rifiuto.
 Gode Asaf, assai spera e tutto ardisce.
 COSROVIO
 Insolente! E in Alinda
 chi sostiene il mio amor contro il suo sdegno?
 JASINGO
1000Se gelosia l’accese...
 COSROVIO
 Mal la scusi. A che il nutre? Ella sa pure
 le ripulse; e sa i rischi; e sa la fuga.
 A lei servon quest’armi, a lei quest’ire.
 Qual pro? Tu nunzio almeno
1005fossi a me del suo affetto. Un foglio, un cenno
 bastava. Io son tradito;
 né convincer tu sai le mie querele.
 JASINGO
 (Di dirgli non ho cor ch’ella è infedele).
 Signor... Ma la gran porta
1010d’Agra si schiude. Il re verrà; e rapirti
 cercherà con l’indugio
 il trionfo ora tuo. Gli aiuti attesi
 son giunti. Ivi è terror, rabbia, tumulto.
 Tardando, perder puoi
1015te stesso, Alinda e noi.
 
    Non ti avvilir nel duol, debile amante.
 Movati la tua fama, eroe guerriero.
 
    Voglio che sia tuo voto un bel sembiante;
 ma sia ancor tuo pensier gloria ed impero. (Apertasi la porta della città, n’escono le guardie reali, tolti in mezzo due palanchini, l’uno chiuso e l’altro scoperto, nel quale sta assiso Gianguir. Alquante d’esse fermansi in lontano, deponendo quivi il palanchino chiuso. Con l’altro si avanzano gli altri e ne scende il sultano, andando alla volta di Cosrovio, dopo aver parlato in voce sommessa con Jasingo che gli va incontro)
 
 SCENA IX
 
 COSROVIO, GIANGUIR, JASINGO, capitani e soldati
 
 COSROVIO
1020Duci, stien sotto l’armi
 le schiere. Altre sul colle, altre nel piano
 seguan le note insegne;
 ed io vostro sarò compagno e duce.
 JASINGO
 Qui ’l re. (Andando a Cosrovio)
 COSROVIO
                     Dillo il tiranno.
1025Venga egli pur. Comincerò il mio regno.
 GIANGUIR
 Ma lo cominci, iniquo,
 da fellonia. Lubriche altezze ascendi,
 per finirle in ruine.
 Di te ho pietade e di cotesti ancora
1030che tu spingi a morir. Te alfin rimorda
 che tra i nomi, che han grido
 sol per la lor perfidia, il tuo si conti.
 Altri figli ha Gianguir. In altri imperi
 dà natura gli eredi;
1035nel Mogol gli fa il re. Miraca e regno
 non fien disgiunti. Ambi tuoi sieno od ambo
 avrà per pena tua figlio più degno.
 COSROVIO
 Non vedendo al tuo fianco i miei nimici,
 sultano, io mi credea
1040che a segnar qui venissi i giusti patti
 che mia bontà ti offerse.
 Ma superbia ti accieca; e a torto accusi
 di perfidia quell’armi
 che stringo in sostener trono ch’è mio.
1045Mio, sì. Quanto il tenesti,
 fu mio dono. Akebar lasciò, morendo,
 in Gianguir un ribello,
 in Cosrovio un erede. È ver, son figlio;
 ma il tuo esempio mi assolve; e tu dovevi,
1050padre miglior, non arrogarti altero
 fin sugli affetti miei forza ed impero.
 GIANGUIR
 Misero! Tu trasogni. Tu deliri.
 Son tuo padre e tuo re. Più ch’ira e fasto,
 so che un mal nato amor fa le tue colpe;
1055e farà i mali tuoi. Sappilo. Alinda
 arde per altri; e tu già oggetto a lei
 di sprezzo, or d’odio sei.
 COSROVIO
 (Numi, Alinda è spergiura! E m’odia? E il credo?
 E lo credo a Gianguir?) No. Sempre tempo
1060v’è d’esser infelice.
 GIANGUIR
                                      E s’altri affetti
 ti giuri Alinda e il tuo dover t’imponga?
 COSROVIO
 Sdegnerò regno e vita e porrò l’armi.
 Ma a te, sultan, nol crederò giammai.
 GIANGUIR
 A te stesso ben tosto il crederai. (Gianguir va egli stesso ove i soldati han posto a terra il palanchino chiuso e fa uscirne Semira, con la quale parla in lontano)
 COSROVIO
1065(Sì infelice sarei?)
 JASINGO
                                     (Quanto il compiango!)
 COSROVIO
 Jasingo... Ah, tu il sapevi. Io me ne avvidi.
 JASINGO
 Che dir posso, o signor? Virtù soccorra...
 COSROVIO
 (Donna sleal! Finger con reo consiglio
 il padre odiar, per più tradire il figlio!)
 
 SCENA X
 
 SEMIRA e i suddetti
 
 GIANGUIR
1070Cosrovio, eccoti Alinda. A lei nel volto
 leggi il suo cor. Se non ti basta il guardo,
 ti confonda l’udito. Odi qual parli.
 COSROVIO
 Possibile che a tanto
 giunga tua sconoscenza, ingrata donna!
 SEMIRA
1075Possibile che a tanto
 giunga tua cecità, credulo amante!
 Sì mal conosci Alinda? Ella detesta
 esser di fellonia sprone e mercede.
 Asaf abbia sua stima, abbia sua fede.
 JASINGO
1080(Son fuor di me).
 COSROVIO
                                   Ti opprima,
 mio cor tradito, onta, dispetto ed ira.
 GIANGUIR
 Che vuoi di più? Così ti parla Alinda.
 SEMIRA
 Parla Alinda così ma non Semira.
 GIANGUIR
 Semira?
 SEMIRA
                   In questo nome
1085riconosci, o Gianguir, la triste erede
 del già ucciso Badur. Badur, che stese
 libero e giusto impero
 in Cambaia e Sorate, a me fu padre.
 Oh non mai sazia avidità di regno!
1090Gli fe’ guerra Akebar. Tu lo irritasti,
 non con altra ragion che di rapina.
 Padre meschin! Spogliarlo
 non vi bastò di regno.
 Lui privaste di vita e tre con esso
1095innocenti suoi figli. Egual destino
 mi sovrastava. Oh, fosse
 piaciuto al cielo, in quell’età che ignora
 qual sia vita e qual morte.
 Ma pietà fosse o provvidenza, io vissi
1100e vivo, in tuo castigo
 serbata dagli dii. Tremane. Il braccio
 ecco che sosterrà la mia vendetta.
 D’Agra uscir non potea. Giovommi inganno.
 Son col mio re, son col mio sposo alfine;
1105e a celebrar verremmo
 lieto imeneo ma su le tue ruine.
 COSROVIO
 (Respiro).
 JASINGO
                      (Or l’arti intendo).
 GIANGUIR
 Tu m’hai deluso, è vero. Il frutto io colsi
 di chi a femmina crede. Or dopo il padre,
1110ad ingannar ti accingi
 il figlio ancora e qual non sei ti fingi.
 Guardati da costei,
 Cosrovio. L’infedel temi in Alinda,
 la nimica in Semira.
 COSROVIO
1115Qui più vano è il garrir. Campion già sono
 dell’odio di Semira e del mio trono.
 GIANGUIR
 Perfidi! Addio, pria che vi salga in mente
 l’idea di nuovo eccesso.
 COSROVIO
 Ricuso da viltade
1120ciò che avrò da valore. Io guerra voglio.
 GIANGUIR
 E in tua pena l’accetto. Andiam, Jasingo,
 fra tanti che ho d’intorno, o a me sol fido.
 JASINGO
 De’ tuoi nimici anzi il più fier. Fu gloria
 del mio zelo e dover salvar Semira
1125dalla tua rabbia. Ho in lei la mia regina;
 né conosco in Gianguir che il mio tiranno.
 GIANGUIR
 Crescete pur, crescete, empi, in mio danno.
 
    Quanti più avrò nimici,
 tante darò più vittime,
1130anime scellerate, al mio furor.
 
    Ardon già l’ire ultrici
 contra perfidia e inganno;
 a voi sarò tiranno
 che re mi disprezzaste e genitor. (Parte alla volta del campo. Jasingo va sopra il colle ad osservarlo)
 
 SCENA XI
 
 COSROVIO, SEMIRA e poi JASINGO
 
 COSROVIO
1135Mia regina.
 SEMIRA
                         Mio prence.
 COSROVIO
 Col crederti infedele...
 SEMIRA
 Col mostrarmi gelosa...
 COSROVIO
 Quanto ingiusto ti fui!
 SEMIRA
                                            Quanto ti offesi!
 COSROVIO
 Deh, l’ingiurie d’Alinda obblii Semira.
 SEMIRA
1140Semira emenderà d’Alinda i falli.
 COSROVIO
 Ed io vendicherò d’entrambe i torti.
 JASINGO
 Tempo avrete, o bell’alme,
 di ragionar contente. Omai sue insegne
 move Gianguir. Io da quel colle il vidi.
 COSROVIO
1145Se non fosse il piacer della vittoria
 che a sé mi chiama, io non saprei lasciarti
 senza un fiero dolor. Soffriam l’amara
 necessità... Qual nubilo repente!...
 SEMIRA
 Ah, tu corri tra l’armi e tra i perigli,
1150spinto dall’amor mio.
 COSROVIO
 E dal tuo amore e dal mio sdegno.
 SEMIRA
                                                                Oh dio!
 COSROVIO
 Non sospirar.
 SEMIRA
                            Vendette,
 già mio voto, or mio affanno, io vi detesto.
 Val ciò ch’espongo più di ciò che spero.
1155Oh, fossi a tempo! Ma destin lo vieta.
 Si dee pugnar. Quando una volta il ferro
 s’impugnò contra un re, non si deponga
 che con la vita o col trionfo. Vanne,
 mio ben, mio amor, mio difensor. Combatti.
1160Vinci a te. Vinci a me. Vinci al comune
 riposo. Anche fra l’armi,
 sovvengati ch’io t’amo; e nella tua
 la mia vita difendi; e certo credi
 che tra palme o tra piaghe o tra ritorte
1165il tuo solo destin sarà mia sorte.
 COSROVIO
 Lunge i tristi presagi, anima mia.
 Seco resta, o Jasingo, e dall’armata
 licenza, ove uopo fia, la custodisci.
 
    Date, o trombe, il suon guerriero,
1170certo invito alla vittoria.
 Cara, addio. Mio cor tu sei.
 Dammi un guardo e vincerò.
 
    Sguardo egli è tutto amoroso;
 ma più lieto anche il vorrei.
1175Non temer, che pien di gloria
 e d’amor ritornerò. (S’incammina verso il colle, seguito da’ suoi)
 
 SCENA XII
 
 SEMIRA e JASINGO
 
 SEMIRA
 Egli parte. Io più forse
 nol rivedrò.
 JASINGO
                         Regina...
 SEMIRA
                                            In fra i perigli
 va Cosrovio e tu resti?
1180Tosto il segui. A lui sia
 utile la tua fé. Pugna al suo fianco.
 Ripara e, se fia d’uopo,
 ricevi ogni sua piaga e a me lo serba.
 JASINGO
 M’era pena quest’ozio. In quelle amiche
1185tende per noi fa’ voti. Io lieto corro
 su l’orme di Cosrovio.
 Le smanie accheta. A te ricondurrollo
 salvo; o darò al suo piede
 estreme prove di virtù e di fede. (Si parte verso la collina)
 SEMIRA
1190Tutti voi pur gite alla pugna. Io sola (Fanno le guardie lo stesso)
 nol faccio! Oh destra inetta! Oh debil sesso!
 
    Stando a canto all’idol mio,
 deh, pugnar potessi anch’io,
 vibrar l’asta e far riparo
1195al mio caro feritor.
 
    Ma i suoi rischi accrescerei
 col timor de’ rischi miei,
 ch’ei vorria far del suo petto
 scudo al mio, dov’è il suo cor. (Si ritira nelle tende vicine. Segue campal fatto d’armi, con la sortita di Mahobet dalla città, per cui Cosrovio, di vincitor ch’era prima, riman prigioniero e sconfitto)
 
 Il fine dell’atto quarto